Header
      of the website

👉 English UK Flag

Viaggiare e Scrivere Intrecciati




Dopo il mio ultimo viaggio a Istanbul, ho imparato che l’esigenza di scrivere un romanzo e quella di viaggiare sono più intrecciate di quanto pensassi. Che l’idea di scrivere ti spinge a viaggiare e la passione per i viaggi migliora il tuo mondo di scrittore.

Lo scorso gennaio ho avuto la possibilità di visitare di nuovo Istanbul, che è una delle mie città preferite. Ma non sono andato lì solo per divertirmi, ho viaggiato principalmente perché avevo in mente di ambientarci parte del mio nuovo romanzo. Quindi, volevo ripassare in alcuni posti, rivedendoli con un nuovo scopo.

Così semplice? Non proprio.

Ora che ho completato il mio romanzo, posso mostrare con esempi pratici come viaggiare e scrivere possano fondersi tra di loro.

Foto dall'aereo

Una delle prime cose che ho notato durante il mio primo viaggio in Turchia è stato il fatto che i turchi pensano che io sia turco e di solito mi parlano nella loro lingua. Che ci crediate o no, a Istanbul molte persone hanno i capelli abbastanza chiari, a volte anche gli occhi chiari. Quando ho deciso di ambientare lì parte del mio romanzo, mi sono reso conto che era qualcosa che valeva la pena sottolineare, anche per facilitare le interazioni dei personaggi. Ecco perché lo chiarisco immediatamente nel primo capitolo, in un dialogo tra Alessandro, il personaggio principale, e uno dei suoi due migliori amici, Luca.

Fortunatamente un’altra delle hostess arriva ad interromperlo prima che finisca la sua dissertazione. Si avvicina e ci parla in turco. Rispondo in inglese e allora ci chiede se desideriamo comprare qualcosa da mangiare.

“Lo vedi?” faccio a Luca

“Vedo che? Che le turche sono belle gnocche? Me ne sto accorgendo…”

“No, non intendevo quello. Hai visto che ci ha parlato in turco? Il fatto è che passiamo per turchi pure noi, magari non proprio della Turchia orientale, ma come abitanti di Istanbul andiamo benone.”

“Ah, quindi è normale?”

“Sì, la prima volta mi sono sorpreso pure io. Adesso ho capito che passo per turco a tutti gli effetti. Hai visto che ci sono pure le bionde. Poche, per carità, ma non è una cosa così oh my God, per loro.”

“Abituatici, questa è Istanbul, baby.”

“No, questo è l’aereo, cojone.” obietta il mio amico “A Istanbul dobbiamo ancora arrivare.

Un’altra cosa che già conoscevo era, ovviamente, la tradizione del caffè turco. Ma ho perso molti dettagli nel mio viaggio precedente. Invece, andando da solo l’ultima volta, ho potuto rendermi conto un po’ di più delle abitudini turche.

Istanbul: Caffé sul Ponte di Galata

Il Ponte di Galata è caratteristico non solo perché collega la parte vecchia di Istanbul alla zona nord del Corno d’Oro, ma anche perché è stato ben sfruttato come luogo da vivere. Nella parte inferiore del ponte, infatti, è pieno di locali, soprattutto ristoranti. Dalla parte superiore, tanti abitanti di Istanbul gettano le canne da pesca e passano le giornate. Così che magari tu ti fermi a prendere un caffè e hai una serie di fili, nemmeno tanti, ad oscurarti la fantastica veduta. Ma tutto è folklore e tutto è gradito. Non resistiamo, infatti, alla tentazione del primo caffè turco. Non saremo capaci forse a divinare dai fondi del caffè. Ma a berlo siamo bravissimi. Quando lo ordini, solitamente in Turchia non ti portano lo zucchero a parte. Ti chiedono prima se lo vuoi dolce, quanto lo vuoi dolce. O se lo preferisci amaro. In tutti i mondi possibili, per me vincerà sempre la dolcezza. Ammazza il caffè, penserà qualcuno. Sì, ma sopravvive l’illusione di un mondo accogliente. E per me significa tanto.


Istanbul: caffè davanti a Kiz Kulesi

E finalmente arriva, in una meravigliosa tazzina. I turchi sanno sorprenderti nella decorazione del servizio, anche se stai consumando un caffè preparato più o meno per strada, sui dei gradoni sgraziati. Avendo come supporto un altro sgabello, che fino a poco prima chissà quale culo ha sostenuto. Ma la tazzina rimane impeccabile, il caffè anche.

E l’ultima cosa che già sapevo su Istanbul era il fatto che fosse piena di gatti. Sono ovunque. Quindi, ho colto l’occasione per pensare ad un articolo sul mio blog che potesse spiegare questa grande connessione tra Istanbul e i gatti (puoi trovarlo qui ). Ho iniziato ad andare in giro a scattare foto di gatti randagi, ma alla fine ho ottenuto molto di più. Come ho descritto qui:

Istanbul: gatto davanti a Kiz Kulesi

Scorgo un gatto, non è un’impresa trovarne ad Istanbul. Ma questo è proprio qui vicino alle gradinate. Tranquillo, che cerca il contatto degli esseri umani. Caterina li adora, decido di fargli una foto col mare, la fantastica giornata e la torre sullo sfondo in lontananza. E questo che fa? Mi si mette addirittura in posa. O almeno così sembra.

Ma poi, semplicemente andando in giro, succede una cosa affascinante, che non ti aspetteresti mai. Qualcosa che colpisce la tua anima, che sicuramente porterai a casa con te. E senti che devi dirlo a parole, devi trasmettere la tua esperienza anche ai tuoi personaggi:

Istanbul: Moschea Blu

Ad un certo punto arriviamo in prossimità di una moschea, credo sia la Nuruosmaniye, ma non ci potrei giurare. Non ho pensato che oggi è venerdì. E che siamo passati all'ora della preghiera. Forse sono gli altoparlanti, forse sono i fedeli. Probabilmente l’effetto è congiunto. Ci ritroviamo in mezzo ad una piccola piazza, come se ci fossimo messi al centro acustico dello spettacolo. Le voci, i suoni cadenzati arrivano da tutte le parti. Ne vengo sopraffatto. Provo a girarmi intorno, ma vedo anche i miei due amici spaesati. Nessuno di noi ha il coraggio di dire una sola parola. Sono stilettate o sono carezze? Non lo capisco. Non dura forse più di trenta secondi, ma sembrano trenta eoni. Non vedo l’ora che smettano, non ho idea di quando succederà. Allo stesso tempo ho paura che finisca. E poi, all'improvviso, si acquieta, la vita torna a scorrere normalmente. Io e i miei amici, però, rimaniamo imbambolati ancora qualche istante. Mi sblocco osservando meccanicamente la mappa. “Passiamo da lì.” dico. E loro mi seguono.

E quando pensi di essere al sicuro da qualsiasi altro stimolo, finisci per renderti conto che l’intero ambiente ha sempre complottato contro di te. Questo è ciò che mi ha combinato l’onnipresente mare di Istanbul.

Istanbul: mare

Così io mi accorgo di non sentire praticamente più nulla, che tutto si sfilaccia in lontananza. E forse è questo mare, questo meraviglioso e maledetto mare ad aiutarmi. Che scappa in tutte le direzioni, che si rimescola, rimanendo sempre uguale sé stesso. Tanto che mi dona persino una parvenza di serenità. E intanto il signore anziano si è alzato, mi ha fatto anche un gesto di saluto con la mano. Che ho ricambiato. E la panchina non è comunque vuota. Adesso è Caterina a sedersi. Guarda anche lei il mare. Poi si gira e mi sorride come per dirmi: “Bello, no?” Tutto in modo semplice, non pretenzioso. Credo che fosse questa la vita che lei si aspettava.

Finora ho detto cosa succede quando viaggi con lo scopo di scrivere. Ma ho completamente trascurato l’altra parte. Perché viaggiare ti spinge all'atto di scrivere, se hai la scrittura dentro di te. Tutti quei ricordi, tutti quei viaggi sono con te per sempre, a volte rivendicano il loro spazio nelle tue storie.

Ad esempio, avevo la necessità di riportare il personaggio principale alle sue giornate di gioventù. E avevo un ricordo piuttosto sfocato di Parigi, che ho visitato alcune volte, ma è da un parecchio tempo che non ci torno. Quindi, ho trasferito i miei sentimenti verso questa città sul passato del mio personaggio.

Veduta di Parigi

Un ventenne normale, da solo a Parigi, troverebbe il modo di godersela lo stesso. Ma non so se si potrebbe dire lo stesso di un suo coetaneo nerd per metà e per l’altra metà campagnolo. Ecco, magari a Tokyo qualcosa da fare l’avrei trovato. Tra Akihabara e Harajuku una serata ci sarebbe uscita fuori. Ma a Parigi, sfavillio e grandezza, carezze e ruggiti, che poteva fare uno sfigatello come me? Non potevo nemmeno mettermi su Internet, che era ancora nella sua fanciullezza. E ad oggi mi chiedo come facessi a vivere senza smartphone in mano tutto il tempo. Non avevo nemmeno il classico buon libro da leggere. Un po’ avevo lasciato spazio per i calzini. Inconsciamente? Forse…

Ragazza mia, io sono quello del solito pub, col solito gruppo, quello coi tavolacci in legno tutti graffiati. Che se qualcuno ci incide qualcosa con la chiave, il gestore è pure contento perché fa tanto luogo vissuto. Ma noi non ci azzardavamo a fare nemmeno quello. Birretta, chiacchierata, forse patatine fritte, l’una di notte. Tutti a nanna. Ciclicamente, ogni week-end. E tu mi porti dove il vino scorre pimpante e agita gli animi, in mezzo a gente tanto rapida a festeggiare quanto a scioperare e a scendere in strada. E tu mi porti dove la gioventù si libra in volo, fanciulla. Ma io per salire ho bisogno delle scale, me le devo costruire ad una ad una.

Il mondo ormai l’ho girato e di locali sgangherati ne frequento pochi. Ma quel ragazzo impacciato è ancora lì, Dafne mia, che spera nella sua birra fresca e di toccare tutte le X segnate sulla mappa di Parigi. Dafne mia.

Gli eventi quotidiani, a volte, possono anche lasciarti un segno. Quindi è così che ho finito per descrivere qualcosa accaduto durante il viaggio più noioso della nostra vita: il tragitto per andare al lavoro.

Roma: metro

Poi ultimamente faccio degli incontri graditi. C’è una ragazza bellissima, e lo dico nel modo più casto possibile, che sale spesso sul mio stesso treno alla fermata Termini. E condividiamo insieme una parte del percorso. Qualche giorno fa la metropolitana era piena, non capita di rado negli orari dei lavoratori. E allora mi sono ritrovato in sua prossimità. Avevo il suo viso a non più di trenta centimetri dal mio.

Ma anche le belle cose finiscono nei pochi minuti di qualche fermata, sempre se non si rompe la metro. Che è capitato, naturalmente. Ma senza l’aura salvifica di quella fanciulla. E quindi non vale. Così, mi avvio mestamente in ufficio.

Ma ancora una volta, i miei viaggi recenti continuavano a battere nella mia mente, rivendicavano il loro riconoscimento. Quindi, ho dovuto dedicare alcune righe alla mia amata Luang Prabang (di cui ho già scritto qui ).

Area di Luang Prabang: fiume Mekong

Si sogna dentro ad un letto, a volte abbiamo provato anche a farlo nella realtà, Caterina mia. Come quella volta a Luang Prabang, in Laos. Ti ricordi? Ti eri innamorata di quella città, dei suoi templi, di quella luce sonnolenta che sembra invitarti a mollare tutto e a non muoverti più. E tu quella volta ci sei caduta. Ti sei fatta sedurre. E non volevi più andartene. Le cascate, le grotte, l’onnipresente fiume Mekong. I sorrisi delle persone che abbiamo incontrato…

Lo stesso vale per il mio viaggio in Ucraina, che è stato uno dei più inaspettati e sorprendenti che ho fatto di recente. C’è stato un momento, una scenografia. Tutto insieme, direi. È stato durante quel viaggio che ho avuto un’idea per questo romanzo. Devo dire che avevo delle ipotesi informi anche prima. Ma qui ho trovato quel momento speciale. Mi ha dato la scintilla, mi ha dato il titolo. Il romanzo è finito, ora.

Lviv: veduta

Siamo a Lviv, Ucraina. In italiano viene anche chiamata Leopoli, città dalla storia parecchio complicata. Ma non mi interessa approfondirla al momento. Ok, il centro città è ben tenuto e grazioso. Fuori di esso, la città si presenta un po’ meno bene. Fine introduzione. Ma tanto quello che devo raccontare è successo al centro. C’è un palazzo, che è mezzo museo, mezzo ristorante, mezzo pub. Che sommati fanno 1,5, ma non fa niente. Sono un po’ di piani, tipo sei, mi pare. E io adesso salto tutti gli altri e vado su, su, su, fino alla terrazza del tetto, all'aperto. Qui sopra il posto è ancora più bizzarro: c’è una piccola automobile nella quale puoi entrare e farti delle foto splendide, per cui sembra che l’auto stia volando sopra la città. Sulla terrazza, che non è nemmeno tanto grande, c’entrano solo pochi tavolini. E poi c’è questa statua, credo rappresenti uno spazzacamino. Che infatti è in posizione sopraelevata e tiene con sé un cappello a cilindro rovesciato.

E in un attimo, tutto ha un senso. Tutto arriva insieme. Questo è quando inizi a proiettare, a riordinare i tuoi pensieri, a dare vita ai tuoi personaggi, affidando loro uno sfondo per le interazioni. Questo è quando ti trovi su un aereo per Istanbul. E all'interno delle pagine del tuo futuro romanzo.



Ti potrebbe piacere anche:

Luang Prabang featured photo
Il richiamo di Luang Prabang
Cafe featured photo
Aperto quando Chiuso
Istanbul featured photo
Istanbul è una Gatta