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Il Giappone mi conosce




In Giappone sono stato quattro volte, ma l'ho visto sempre a pezzetti, forse meno bene di chi c'è stato come si deve una volta sola. Il paese del Sol Levante mi ha sempre accolto alla grande, senza mai farsi trovare impreparato. Così, per tutti questi anni ho continuato a fingere di essere un adulto.

Non ho mai vissuto in Giappone, anche se vorrei poter dire il contrario. Sì, perché in realtà il Giappone è entrato nella mia casa e nella mia testa fin da quando ero bambino. Sono cresciuto con l'animazione giapponese e non posso fare a meno di considerarla parte della mia educazione. Però, poi si cresce. E quindi... E quindi non è cambiato nulla: gli anime nipponici continuo a guardarli. Ancora mi emoziono insieme ai personaggi, faccio il tifo per loro praticamente allo stesso modo. Evasione sana, secondo me.

Veduta di Kyoto
Veduta di Kyoto


In questi giorni questo paese mi manca da morire. Mi è stato chiesto di quale paese senta più la mancanza. Escludendo Taiwan, che per me è una seconda casa, non ho avuto dubbi: ho pensato subito al Giappone, al cibo, alle tradizioni, alla gente.

Le mie visite lì sono come gli amori della vita: ognuno ha un suo tempismo ed emozioni diverse. Si cresce con essi, dopo di essi ed anche grazie ad essi.

Il primo amore è stato in Kansai, la parte forse più famosa a livello turistico: Kyoto, Nara, Kobe, Osaka. Sì, insomma parliamo di pezzi forti del Giappone. Non ero nemmeno sposato, a quel tempo, ma è stata la ragazza che poi ho effettivamente sposato a farmi più o meno da guida: lei col giapponese se la cava. E siccome ero un po' intontito dall'amore nella vita reale, ho affrontato quello per il paese in modo sognante, adolescenziale.

Kyoto: Arashiyama
Kyoto: Arashiyama

Di quell'itinerario ho solo qualche vago ricordo. Lo definirei un sogno che si realizza: la ragazza che hai amato segretamente durante il liceo che finalmente, dopo anni, si accorge di te e ti concede una chance. Giuro che solo guardando le foto ho riscoperto di aver visitato Arashiyama, vicino Kyoto. Mentre per mesi sono stato a mettere emoji con la bocca spalancata (tipo questa: 😮 ) quando vedevo che altri blogger ne parlavano. E io c'ero già stato.

Ponte dello stretto di Akashi
Ponte dello stretto di Akashi

Bel tempo, una caldissima estate giapponese, cibo a me ancora piuttosto ignoto. Si è trattato di quell'amore che scopri e che ti emoziona momento dopo momento, che ti trascina talmente tanto da diventare olistico, da far dimenticare i dettagli, che sfumano lontani come il ponte dello stretto di Akashi (ponte sospeso più lungo al mondo). Sai che da qualche parte dovrà pur finire, ma la destinazione è troppo lontana per preoccuparsene.

Dopo, però, ci si butta nel mondo degli adulti. E allora si va alla ricerca di nuovi elementi, come per voler scoprire qualcosa che non sappiamo di noi stessi. Ed è così che, stavolta da solo, mi ritrovo a Tokyo, dove tutto inizia e finisce, il posto che per me è stato sempre il centro del mondo, nonostante provenga da Roma. Altro non ci si potrebbe aspettare da un mezzo nerd la cui giovinezza è sbocciata negli anni novanta. Colori autunnali, un amore più maturo, misurato, riflessivo.

Tokyo: Parco a Ueno
Tokyo: Parco a Ueno

Io che mi aggiro tutto solo per la città, più esperto, più disposto a comprenderla, a studiarla. Tradizione e modernità, come solo i giapponesi sanno combinare. Cammino da Asakusa (sempre la mia base a Tokyo), arrivo fino a Ueno. Salgo su qualche treno, scendo, mi muovo e mi ritrovo a Ginza e poi nel quartiere imperiale di Chiyoda.

Tokyo: Chiyoda
Tokyo: Chiyoda

Tokyo: Tokyo Tower
Tokyo: Tokyo Tower

Mi sposto in quello di Minato, ad ammirare la Tōkyō Tawā (Tokyo Tower), che fino a quel momento avevo visto solo negli anime, nei documentari e, naturalmente, nei videogame. Mi esce una foto fin troppo bella, per la mia abilità: da anni è lo sfondo dei miei smartphone. Scopro Kamakura (di cui ho parlato qui), lascio che la mia anima si addolcisca ad Odaiba, in cui passeggio teneramente con la mia Tokyo. Sfioro appena, poco prima di partire, la zona di Harajuku e la strada Takeshita. Questa cosa la mia Tokyo non la prenderà tanto bene.

Colori autunnali a Kamakura
Colori autunnali a Kamakura

Tokyo: Takeshita Street
Tokyo: Takeshita Street

La quarta volta. La quarta? Sì, la quarta. La quarta volta in Giappone è stata nel Kyushu, nella zona di Fukuoka. Questo lo definirei l'amore di moglie e marito, quello che si sviluppa dopo qualche anno di convivenza. Dove ti conosci bene, insomma. Dove oltre ai templi e alle escursioni imprescindibili, ti prendi le pause per berti un caffè o, meglio, una qualche bevanda nipponica. Un amore che puoi apprezzare nei piccoli gesti quotidiani, nel godersi un laghetto in una città in cui c'è il mare.



Fukuoka: Parco Ohori
Fukuoka: Parco Ohori

È l'affetto per una vecchia stazione ferroviaria di provincia, di quelle che ricordano i tempi degli studi universitari, in cui insieme al treno si attendeva tutto il proprio futuro. Ben sapendo che legno e sedili sarebbero rimasti lì, per tanti anni a rassicurare. La quarta volta ha rappresentato l'amore della consapevolezza e quello della memoria. Un rapporto stabilizzato tra me e questo meraviglioso paese.

"E va bene che sei invecchiato (male).” dirà il lettore "Ma hai dimenticato la terza volta, mio caro Stray Idler!"

Per giungere ad un amore consapevole, funzionante, è necessaria una presa di coscienza, una responsabilizzazione, una maturazione. E queste mi sono state imposte da Tokyo la terza volta che sono andato in Giappone.

“Mio caro, hai avuto tutti questi giorni di bel tempo. E non ti ho detto nulla. Vediamo come te la cavi con la pioggia, questa volta. E cosa farai, ora?” Lo dicevo che la volta precedente non ci eravamo lasciati bene.

Tokyo: Akihabara
Tokyo: Akihabara #1

Sì, perché il Giappone mi conosce. Anche meglio di quanto io conoscessi me stesso. Ma come?! Il nerd, l'appassionato di animazione giapponese, dei loro videogame e di buona parte delle loro stramberie... Ciò che sono sempre stato, insomma. Arrivo finalmente vicino alla mia mecca e poi mi dirigo da un'altra parte?!

Akihabara! Mai sentito questo nome? No? Probabilmente meglio così, significa che non sei sufficientemente nerd. Akihabara è il centro giapponese, e forse anche mondiale, per gli appassionati di manga, anime, elettronica in generale. Insomma, roba da nerd. Esattamente. Più precisamente, però, roba da otaku, come direbbero loro. Quel giorno pioveva, quindi sono stato costretto a cercare passatempi al coperto. Non ho nemmeno pensato ad infilarmi in un museo. Non potevo esimermi, dovevo ammettere a me stesso chi fossi veramente.

E quindi arrivo nel mio parco giochi, dove mi accoglie tanto colore, nonostante la pioggia. Ma anche impeccabili sararīman (salaryman) in giacca, cravatta e tipico ombrellino trasparente. Qui ce n'è per tutti i gusti, però. E il pubblico di riferimento non è solamente maschile, anche se sicuramente è prevalente.



Tokyo: Akihabara
Tokyo: Akihabara #2

Come nel maid café, che per gioco abbiamo provato con mia moglie. Foto non si potevano scattare, ma proverò a descriverlo. Entri e ti accoglie una ragazza (esistono anche le versioni per lei, in ogni caso) che ti urla una cosa del tipo: “Bentornato, rispettabile padrone.” Naturalmente in giapponese, cosa che senza mia moglie non avrei mai capito. E per fortuna che non l'ho colta in modo diretto, altrimenti avrei sobbalzato. Tutte loro sono vestite da cameriere vecchio stile, parlano con voce kawaii (aggraziata), quando scrivono sono molto cuoriciose e, in alcuni di questi locali, effettuano anche delle brevi performance di canto e ballo. Per togliere ogni dubbio: no, non sono sempre carine, ma sono tutte molto brave nel loro ruolo e risultano simpatiche. In quello in cui sono andato io l'inglese del personale era pessimo, ma non escludo ci siano anche quelli attrezzati per gli stranieri. Perché sembrerebbe una cosa da turisti, ma in realtà dentro ci trovi un sacco di giapponesi. Come quello che abbiamo visto io e mia moglie: un cinquantenne dentro un maid café in tarda mattinata, anche lui in giacca e cravatta. Mia moglie mi ha spiegato che, con buona probabilità, quel tizio il lavoro l'aveva perso. Ma non aveva il coraggio di raccontarlo a casa, così continuava a fare finta di andare in ufficio per poi consolarsi (e buttare denaro) in una caffetteria a tema.

Tokyo: Akihabara
Tokyo: Akihabara #3

Il Giappone è anche questo. E quindi, forse, devo ancora conoscerlo parecchio.

Per il resto, però, sono tornato da Akihabara contento proprio come quando da bambino rimanevo incantato davanti ai robottoni che si scomponevano e ricombinavano come nulla fosse. E mia moglie ha commentato: “l'ho sempre saputo, sai?”



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