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Quello a cui non Piaceva lo Smart Working (degli altri)




In un paese lontano e immaginario, c'era un tale a cui non piaceva lo smart working. O il lavoro agile o da remoto (ognuno lo chiami come preferisce). E nessuno lo aveva criticato. D'altronde, chi mai voleva sindacare cosa piacesse a quel tale? Qualunque fosse la ragione, era legittima. Non servivano spiegazioni. Non gli piaceva. Punto.

Be', però questo ragionamento valeva pure per gli altri: questa era l'opinione comune in quelle terre distanti.

Questo tizio aveva un amico che gli diceva spesso: “penso che il lavoro da remoto dovrebbe essere incentivato, per quanto più possibile, su base volontaria”. Ma a lui non bastava, lui rivoleva tutti quanti in ufficio. Desiderava che ci tornassero (o rimanessero) anche quelli che si trovavano bene a lavorare da casa. Ma nessuno capiva il perché e nacquero diverse ipotesi.

Veduta aerea

Ipotesi #1: la produttività


Era la prima cosa che ai più veniva in mente. Un po' banale, forse. Chi mai giudicava la qualità del lavoro in base alla produttività!? Però, tutti si sforzavano di capire. E gli chiedevano: “Quindi, secondo te, uno che lavora da remoto non sarebbe produttivo? O lo sarebbe un po' di meno?” Per alcuni tipi di ruoli poteva anche essere vero, convenivano: non tutte le attività erano adatte ad essere gestite a distanza. Ma lui in ufficio li voleva proprio tutti. O almeno tanti quanti ce n'erano fino a poco tempo prima. Sì, perché in quel periodo molti erano a casa, anche quelli che non volevano. Le fonti non indicano gli eventi precedenti, ma di persone che si lamentavano ce n'erano tantissime. Di aziende anche, per molte valide ragioni. Ma pochi si addoloravano a causa di drastici cali di produttività. Perciò giocare quella carta pareva un po' azzardato, dato che aleggiava una moderata soddisfazione su quel punto.

Quindi, no, non era per via della produttività che a quel tizio non piaceva lo smart working.

Ipotesi #2: la socialità


Dipendeva forse dal fatto che il tizio si sentiva solo a casa? E che quindi si sarebbe sentito solo in ufficio, se non ci fossero stati gli altri con cui scambiare quattro chiacchiere. Temeva che l'affiatamento del team ne avrebbe risentito. No, non che lui in ufficio ci andasse per chiacchierare, ma riteneva importante avere un rapporto cordiale con le altre persone. In ogni caso, sapeva benissimo che lo scopo principale del lavoro d'ufficio fosse quello di raggiungere dei risultati. Certo, lui provava sempre a far nascere delle belle amicizie coi colleghi. Ma veramente era riuscito a farlo con tutti loro? Se così fosse stato, non avrebbe avuto di che preoccuparsi: tutti loro, tutto il suo team sarebbe stato ben felice di rientrare in ufficio per incontrarlo di persona.

Ma capitò che ad una buona metà dei colleghi non andasse di rientrare. Erano per caso loro ad essere asociali? Poteva pure essere. Essere introversi è in fondo un aspetto caratteriale come un altro. O forse sviluppavano la loro socialità altrove oppure non erano poi così tanto suoi amici. No, non sto dicendo che il nostro tale non fosse una persona piacevole, tutto il contrario. Però, ecco, magari gli altri avrebbero preferito incontrarlo a cena oppure per una passeggiata nel parco. Non se la sentivano tutti di farsi due ore in mezzo al traffico per avere l'opportunità di scambiare con lui dieci minuti di chiacchiere alla macchinetta del caffè. E per il resto parlare solo di lavoro. La sproporzione dei tempi era evidente. Ah, e poi c'era una cosa a cui il tizio sicuramente aveva pensato: coi colleghi ci poteva chiacchierare anche con mezzi telematici. No, nemmeno quest'ipotesi poteva reggere.

Colazione con dessert

Ipotesi #3: il controllo


Scaturì una nuova supposizione, che sembrava a tutti essere più vicina alla meta. I suoi conoscenti cominciavano a capire dove stava il problema: forse quelli che volevano stare a casa non erano suoi semplici colleghi, forse erano i suoi collaboratori. E aveva paura di fare meno presa su di loro, che la loro motivazione lavorativa decrescesse. In sintesi, temeva di perdere le redini della squadra, di non poter esercitare così bene il controllo. Be', ma allora come aveva gestito fino a quel giorno quello che in ufficio trascorreva le giornate su internet o a chattare col suo smartphone? Forse non l'aveva notato, ma era accaduto. Proprio in sua presenza, magari quando non lo vedeva. E quando lo osservava, invece, faceva finta di concentrarsi. Si metteva davanti allo schermo, magari un po' lavorava anche. Ma per il resto continuava a pensare agli affari suoi, a sognare, chissà dove se ne andava col pensiero...

Ma il tale sosteneva che a lui quelle cose non succedevano perché aveva le sue tecniche per evitarlo. Che bravo! Presumibilmente era nella posizione di dispensare premi e punizioni. Perché sapeva che non c'era altro, davvero. A parte queste c'era solo la sua leadership trascinante e la fiducia nei propri collaboratori, cioè doveva affidarsi alla loro correttezza e, in alcuni casi, al loro buon cuore. E allora qualcun altro lo aveva invitato a pensare che premi e punizioni funzionano anche da remoto.

Ipotesi #4: l'indotto


C'era poi una motivazione davvero seria, di cui molti parlavano. Forse rimbombava anche nella mente di quel tale, perché non era possibile che si dicesse preoccupato del calo dei consumi dell'indotto, se non lo era veramente. Come pretesto sarebbe stato veramente bruttino. I consumi non è che si stessero cancellando del tutto, forse un po' diminuivano, questo sì. Ma in parte venivano semplicemente ridistribuiti in tempi, spazi e categorie diverse. Per molti però l'impatto era diretto e ne soffrivano parecchio. Era un segnale, perché sembrava che la tendenza sarebbe stata quella di trasferire attività e competenze a distanza. Fortunatamente per loro, però, era anche ipotizzabile che il processo sarebbe stato graduale, così come l'adattamento. D'altronde, il tizio non era il solo a voler ripopolare gli uffici.

Vietnam - Palazzo antico

Ipotesi #5: il privilegio


Fuochino! C'era anche una motivazione che veniva espressa in giro abbastanza spesso e forse gli era risuonata in testa. La si sentiva anche da chi in ufficio non ci lavorava proprio. Anche da chi non aveva il piacere di incontrarlo, di prendere un caffè con lui. Anche da chi, al massimo, poteva incrociarlo sui mezzi pubblici: sempre più pieni, se tutti fossero tornati alla vita precedente. E qual era la motivazione avversa? Il privilegio. In sintesi: se uno non poteva lavorare da casa, non avrebbero dovuto poterlo fare nemmeno gli altri, perché poi il divario sarebbe aumentato sfavorevolmente (o assottigliato, a seconda dei casi). No, non poteva essere nemmeno questa la motivazione di quel tale.

Però, la gente sentiva che si stava avvicinando ad una conclusione: perché a quel tizio non piaceva che gli altri lavorassero da remoto? Ci pensavano e ripensavano, ma non ne venivano a capo. Non poteva tutto ridursi a una questione di spicciola invidia. Non sarebbe stato nobile e lui lo era.

E finalmente capirono!

Statue nei pressi di Fukuoka - Giappone

Ipotesi #6: la Bibbia


La sua avversione al lavoro da remoto aveva origini nobili e antichissime. E allora cosa c'era di meglio della Bibbia? Si vociferava già dalla Genesi, sembrerebbe, che il destino dell'uomo fosse quello di faticare, più di quanto egli stesso reputerebbe equo. È un pensiero che era strisciato fino a quei tempi, ripetuto migliaia di volte dalle generazioni precedenti, che riassumevano tutto nel concetto: “il lavoro è un male necessario.” Sì, perché se fosse stato divertente, sarebbe comunque stato lavoro, ma fino ad un certo punto. Giusto? Se l'ambiente lavorativo fosse stato un po' più confortevole, se le condizioni di lavoro avessero concesso maggiore libertà agli interessi personali, se in generale l'agio della persona fosse aumentato...

Ma non dopo grossi sacrifici o dopo il superamento di mille avversità...

Se tutto ciò ad un essere umano fosse semplicemente piovuto dal cielo, grazie ad una cosa oscura chiamata evoluzione tecnologica (e sociale)...

Allora sarebbe stato veramente un pessimo esempio da tramandare, al limite dell'immorale, vero?

In fondo, ecco perché a quel tale non piaceva che gli altri lavorassero da dove preferivano, perché lui era il custode della moralità. E andava quindi ringraziato per il suo lavoro: aggiuntivo, non gratificato, non retribuito.



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