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Italia 11-2020: i miei Suoni




In questo articolo non intendo consigliare a nessuno di mettersi in viaggio, né voglio convincere le persone a stare a casa. Molto banalmente e in generale, racconterò le mie esperienze e condividerò i miei pensieri, senza la presunzione di voler indirizzare quelli di altre persone. Sono fermamente convinto che ognuno possa decidere per sé stesso, attraverso i propri parametri di valutazione. Inoltre, durante i miei viaggi, ho rispettato sempre tutte le restrizioni e le regole locali, su cui ho costantemente provato a informarmi preventivamente. Infine, questo articolo è scritto a tratti in chiave ironica: consiglio a chi dovesse trovarla fuori luogo in un contesto pandemico di terminare qui la lettura.

Ecco! Lo so cosa sta pensando il lettore: “A' Stray, prima c'hai fatto i colori, e mo parti coi soni. Mica ce vorrai fa' tutti i cinque sensi!?” No, non è nei miei piani. Ok per i colori (ne ho raccontato qui), ma non parlerò degli odori, ché li percepisco con difficoltà. Chissà, forse ho il COVID-19 da tutta la vita, magari si scopre che sono io il caso zero. Né parlerò delle sensazioni tattili, dato che non vado a palpeggiare il mondo qua e là. E il gusto? È l'unico senso che ci hanno lasciato intatto in questo 2020: mi sembra superfluo parlarne, sperando che tutti quanti si stiano un po' viziando il palato. In modo poco conviviale, eh. Mi raccomando.

E, allora, che sarebbero questi suoni? Be', ultimamente gli stimoli auditivi si sono fatti piuttosto ripetitivi, benché talvolta imprevisti. Ad esempio, sento i rumori delle serrande che prima aprono, poi chiudono. Poi si sollevano quel poco che basta a far trapelare un po' di luce, ma niente... Poi si riabbassano. A volte, non aprono nemmeno più. Strano, eh. Chi lo avrebbe mai detto? E poi ci sono i messaggi veicolati pubblicamente: una sola strategia comunicativa per tutta la popolazione. In un mondo così diversificato, è garanzia di efficacia. “State a casa, responsabilità.” Questa la sintesi. Coloro che non lo fanno sicuramente devono non aver ben compreso la situazione. Allora forse è opportuno ripeterlo. Stesse parole, stessa strategia. Repetita iuvant, giusto?

In volo verso Cagliari

Io, è risaputo, non sono molto sveglio. Arrivo alle cose con un po' di ritardo rispetto all'individuo medio. Avevo notato che ogni volta che mettevo il naso fuori casa (in terrazza, eh, mica per strada), sentivo sempre gli stessi messaggi. E se provavo a documentarmi su qualche notiziario, anche aggiornando le varie pagine, leggevo sempre le stesse cose da marzo. Insomma, ho pensato che nella mia zona ci fosse qualche guasto diffuso e che tutti i dischi intorno a me si fossero incantati. Allora mi sono detto: “proviamo un po' a vedere se in Sardegna, un'isola, i vari sistemi di comunicazione sono ancora funzionanti”.

Ed è così che ho potuto ascoltare qualche suono diverso. Il primo, quello di un aereo in partenza. Qualcuno se lo ricorda? Un motore arrabbiato, pronto a proiettarti altrove. Quando la destinazione quasi non importa. Un po' mi era mancato. Io e mia moglie, ancora insieme. Senza altri contatti, non sia mai.

Sardegna: mare

Un po' avevo dimenticato anche il suono del mare, delle onde che si assembr... ehm... che si susseguono distanziate di vari metri, dando l'esempio a tutti quegli umani sbadati. Ma è il timbro della perseveranza, dell'immutabilità, al di sopra degli affanni degli uomini. Ammonisce e riconcilia al tempo stesso.

Sardegna: centro di Cagliari
Sardegna: centro di Cagliari

Non mi era invece mai capitato di essere svegliato dagli uccelli in modo quasi strombazzante. Quando gli uomini sono praticamente rinchiusi dentro casa, succede anche che il centro di Cagliari sia soggiogato nella quiete. Ed è qui che la natura tenta di riappropriarsi dei suoi spazi. Sono tante voci, che si rincorrono e sovrappongono. Forse richiamate dalla prossimità del mare, forse spronate a colmare desueti silenzi. Chissà.

Sardegna:
Sardegna:"dinosauro vegetale"

A proposito di animali, valgono anche quelli immaginari? Credo di aver potuto ascoltare un dinosauro vegetale (vedi foto). Fischiettava allegramente, ma in modo pungente. Fresche erano le vibrazioni che emanava, tenue l'affievolirsi della loro intensità.

Alghero: targa con doppia lingua
Alghero: targa con doppia lingua

E poi le varietà nei toni umani. In Sardegna uno si aspetterebbe di sentir parlare l'italiano con accento sardo. E così avviene, infatti. Ma non solo. Mentre ero preparato alla varante catalana di Alghero, mi lascio cogliere di sorpresa dal tabarchino di Calasetta, una variante del ligure. Tanto che quando ho chiesto un'informazione in giro, ho pensato all'inizio di aver incontrato un altro turista come me. Ma poi queste tradizioni me le sono ritrovate scritte sulle targhe cittadine. E ho provato a rileggerle nella mia mente, sicuramente sbagliando la pronuncia.

Calasetta: targa con doppia lingua
Calasetta: targa con doppia lingua

A Bosa sono entrato in una chiesa. In Italia non perdo mai occasione di dare un'occhiata, quando sono aperte. Mi accoglie una musica garbata, come si conviene ad un luogo di culto. Ma senza quella componente ieratica, senza la solita distanza che viene proposta ai fedeli o agli ospiti. Da agnostico, non sono un gran frequentatore di chiese. Ma questa è una delle poche volte in cui mi sono sentito invogliato a restare. O magari a rientrare in futuro.

Chiesa a Bosa
Chiesa a Bosa

Ma le voci che mi hanno dato più piacere, lo confesso, sono state quelle umane. Sì, lo so che hanno inventato vari mezzi di comunicazione a distanza. Ma non è la stessa cosa. Almeno non lo è dopo tanti mesi. E comunque sempre a distanza sono rimasto. Quella tenuta col cameriere di un locale che in quel momento aveva solo noi come clienti. A quattro, forse cinque metri, nel silenzio ambientale abbiamo potuto scambiare due chiacchiere: sì, un po' mi ha raccontato delle difficoltà del periodo, ma senza mai piangersi addosso. Due ragazzi, che hanno incrociato le loro strade per un brevissimo tempo.

E quella con l'autista di una tratta solitamente frequentata. Ma sulla corsa c'eravamo solo noi e un paio di turisti stranieri che si sono rintanati in fondo al bus. Mascherine e distanze, come è dovuto. Per parlare un po' abbiamo gridato, ma avevamo entrambi voglia di farlo. Ho ascoltato un uomo che, con il suo lavoro, non ha praticamente conosciuto il lockdown. Ma ne ha incontrato l'immensa tristezza. Ché è più facile lavorare col bus vuoto, mi ha confessato. Ma fa comunque un certo effetto, il mondo non lo riconosci più. Soprattutto adesso che si avvicina l'inverno e le giornate si accorciano. La notte propone dei sipari troppo crudeli.

Sardegna: tramonto dal bus

Grazie delle vostre parole, amici miei.

Sardegna: veduta da Capo Caccia
Sardegna: veduta da Capo Caccia

A concludere, si è riproposto il mare. Anche dalla posizione sopraelevata del promontorio di Capo Caccia, il suo tramestio ha squarciato il troppo ricorrente silenzio. Perseverante, immutabile. Di nuovo. Come ieri, come domani.



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