Quelli bravi avrebbero conservato una mappa. Quelli bravi avrebbero ancora i biglietti, le prove o
almeno degli appunti. Io non rientro nella categoria. E perciò mi porto dietro appena qualche foto,
utile ad alimentare dei ricordi poco nitidi.
Ma è proprio questo il bello.
Col passare degli anni, la mescolanza di vecchie memorie genera una brodaglia di emozioni su cui
tende a galleggiare qualche elemento di concretezza. Sarà saltellando su di essi, per non finire
inzuppato, che racconterò di una mezza giornata da Malacca a qualche isolotto lì nei paraggi.
Potrei anche provare ad ipotizzare che si trattasse di Pulau Besar (quella in Malesia). Ma anche
fosse, che importerebbe? In ogni caso, la vera Pulau Besar non corrisponderebbe mai alla
ricombinazione dei frammenti luminosi che albergano nella mia anima.
Era, credo, il primo pomeriggio. Da qualche parte a Malacca io e mia moglie ci infiliamo su un bus
extraurbano. Di che grandezza? Di che colore? Forse un misto di quelli su cui sono salito, in quasi
tutti i continenti. In mezzo alla gente del posto, in un favoloso, benché parziale, riassunto della
popolazione. Non vedo l'ora di poterlo rifare. Va be', il lettore avrà capito che non rammento nulla,
ma una cosa sì: provo a chiedere a qualcuno dove devo scendere per prendere il traghetto per l'isola.
Gli orari ce li avevo.
E, sì, lo so che è vago... Ma, di nuovo, non è questo il bello?
Il bello è anche che al traghetto in qualche modo ci arrivo, dopo un breve tragitto a piedi. E sul
traghetto salgono un gruppo di ragazzi molto giovani e allegri. Che sembrerebbe un binomio
abbastanza abusato. E forse lo è. Ma se ripenso a loro, ai loro volti, gioventù e allegria si fanno
persona, diventano due ancelle di questo ricordo. Potrei definirli giovani come una rigogliosa
allegria o allegri come una rigogliosa gioventù. Fate voi.
Tre, quattro ragazzi, che andavano a passare la notte su di un'isola, a pescare tutti insieme. A
pescare, esattamente. Impegnandosi a parlare un po' in inglese me l'hanno spiegato. Incuriositi da
noi, dato che in quel posto (almeno in quel periodo) c'era ben poco altro da fare. L'avrei scoperto
poco dopo. Ma loro erano lì semplicemente per pescare e stare insieme, consumando pasti portati da
casa. Ci sto pensando da qualche minuto e domani sicuramente cambierò idea: ma al momento non
riesco ad immaginare un modo migliore per celebrare la gioventù. Nostalgie di uno che si avvia alla
mezza età, presumo.
Scendo dal traghetto e immediatamente non so dove andare, le indicazioni sono poche o forse si
sono sciolte nella mia autocoscienza. Ma una cosa ce l'ho in mente: voglio fare un tuffo in acqua,
magari solo di qualche minuto. Quasi per puntiglio.
Passeggiamo lungo la costa, ma ci addentriamo anche. Ad un certo punto passeggio accanto a
quello che doveva essere un ristorante all'aperto. Probabilmente molto vivace in alcuni periodi
dell'anno. Ma in quel momento, non c'è nessuno. È tutto chiuso. Faccio difficoltà a trovare anche un
negozietto dove comprare uno snack. Siamo arrivati lì di corsa e ci è venuta un po' di fame. Capito
in quell'istante perché i ragazzi si erano portati il cibo da casa.
Però mi sorge anche il dubbio che sto girando dalla parte sbagliata dell'isola, perché fatico a trovare
esseri umani o loro segni. O magari è stata una scelta precisa, in cerca di qualche favoloso posticino
nascosto in cui immergermi.
C'è una stasi bizzarra nell'aria, che non dona tranquillità, ma nemmeno inquieta. Scolpirebbe ogni
istante, se non sentissi la sabbia che gratta i miei piedi o notassi il pacifico movimento delle onde.
Mi fermo un attimo ad osservare il cielo: è una nuvola a suggerirmelo.
È qui che devo tuffarmi.
E non importa che le acque non siano le più ammalianti che mi abbiano mai invitato. Non importa
se c'è qualche scoglio qui e lì, a cui devo prestare attenzione. Non fa niente se la terra declina
lentamente e la mia voglia di immergermi tarda ad essere appagata. Alla fine mi ritrovo già rivestito
di acqua marina. E soddisfatto, semplicemente per esserci arrivato. Sono tornato, in questo
momento sono proprio lì. Intorno a me tutto è tiepido.
Dove sei stato, Stray? Chissà... Forse sono fuggito nel nulla, forse l'ho solo immaginato.
Ed ora devo fare ritorno, purtroppo. Come l'ho fatto quella volta. Ultimo traghetto della giornata per
tornare. Un tizio, sempre incuriosito, mi informa che difficilmente ci saranno bus per tornare a
Malacca. Brutta notizia, non sapendo nemmeno dove sono.
Mi dice che fino a metà strada ci porterà lui. Poi, però, ce la dobbiamo vedere da soli. Ci lascerà in
un posto dove qualche bus potrebbe anche passare.
Attendiamo quasi un'ora, ma non ne vediamo nemmeno uno. Ma almeno ci sono esseri umani e,
volendo, un paio di posti in cui mangiare. Non ho idea di dove siamo. Fuori città, di sicuro, ma non
saprei quanto lontano. A quel tempo forse avevo un primo smartphone, ma certamente non avevo
un piano dati o un GPS per orientarmi.
Che tempi quando il “non lo so” era pressoché assoluto e quasi irrimediabile! Che tempi quando poi
per caso vedevi un tassista, probabilmente nemmeno in servizio, che passa insospettabilmente su
una strada periferica! E tu lo fermavi come se fosse il tuo salvatore. E poi la sera dormivi nel letto
del tuo albergo, ridendoci su.
“Ma alla fine oggi dove siamo andati?”
“Chissà...”
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