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Uyuni: solo a memoria





Questo articolo lo scrivo così, a memoria, senza nemmeno dare un'occhiata alle foto che ho. Sempre se ce l'ho. Vedremo... E tu, lettore, alla fine di questa lettura capirai cosa intendo.

Paradossalmente il mio rapporto con il Salar de Uyuni inizia proprio da una foto, a casa di un mio amico: un grande viaggiatore. La foto non era sua, ma stava consultando una rivista di viaggi online. Mi vedo questo fuoristrada perfettamente riflesso, che sembrava andare sull'acqua e chiedo entusiasta: “Dov'è 'sto posto?” Lui mi risponde con sufficienza: “Mi pare in Bolivia.” Ma io non me lo tolgo più dalla testa.

Salar de Uyuni

Ed è così che quando finalmente decido di andare a visitare il Perù, altro paese meraviglioso, faccio di tutto per modificare l'itinerario e infilarci il Salar de Uyuni per forza. Della Bolivia vedrò pochissimo: La Paz (di cui ho parlato qui) e appunto il Salar. Ma ne è valso la pena.

Solo che il viaggio in Perù e Bolivia a livello fisico non è come una passeggiata in riva il mare. Non ci credevo, ma l'altitudine si fa sentire, non solo quando sei effettivamente ad alta quota. Sono stato male due volte nel viaggio, anche se la prima volta l'altitudine non c'entrava.

Salar de Uyuni

In pratica, a Lima (che sta sul mare) faccio “il pischello” a maniche corte. Solo che poi la temperatura si abbassa: il giorno dopo a Paracas ho tipo 39° di febbre. Bei tempi quelli in cui, se ti ammalavi in viaggio, non scattavano allarmi o venivi visto come una calamità naturale. Di questa storia racconterò un'altra volta, ma comunque sconfiggo la febbre in una nottata e il giorno dopo sono rimesso a nuovo.

Pensavo sarebbe finita lì. E invece no. Dopo un'indimenticabile giornata a Puno e sul lago Titicaca, forse per via del nome, Montezuma (anche se non era di quelle parti) ha la sua vendetta su di me: un solo episodio. “Anche questa l'ho passata.” penso. E invece no.

Salar de Uyuni: cristallo di sale
Salar de Uyuni: cristallo di sale

Il trasferimento a La Paz il giorno dopo procede tutto sommato bene, ma la notte mi uccide. Piccolo problema: avevo il volo per Uyuni alle sei del mattino. Ho provato a dormire presto, cioè tipo alle otto di sera, ma non posso dire di esserci riuscito. Così me ne vado a Uyuni mezzo addormentato, senza stanza di hotel, che alle sette del mattino non te la dà nessuno, e con una minaccia ronzante nella mia pancia.

Atterro ad Uyuni e non trovo il mio pick-up, concordato con l'agenzia che avrebbe dovuto anche portarmi sul Salar per una giornata. Poco male, prendiamo un taxi: tra l'altro l'aeroporto di Uyuni è piccolissimo e vicinissimo alla cittadina. Quando finalmente la mia agenzia apre, entro e chiedo se è tutto confermato, visto che in aeroporto non si erano fatti vedere. Il tizio dentro mi guarda e mi dice: ma dovevi arrivare fra venti minuti!

Uyuni: Cimitero dei Treni
Uyuni: Cimitero dei Treni #1

Sono uno Stray idiota, ma anche uno Stray fortunato. La compagnia aerea aveva anticipato il volo di circa un'ora. Niente email, niente avvisi. Mi ha salvato la pigrizia: invece di guardare sul biglietto, il giorno prima di partire sono andato a controllare lo stato del volo sul loro sito, prendendo per buono l'orario, senza accorgermi che era cambiato. E in qualche modo ad Uyuni sono arrivato e la mia agenzia esisteva!

Ma per il tour era presto e c'era da aspettare. Quell'agenzia lavora soprattutto con i giapponesi. L'abbiamo scelta su indicazione di mia moglie, perché sa che per lavorare con gli asiatici bisogna conoscere le location migliori dove fare foto. E infatti ad attendere con noi c'è una bella ragazza giapponese, più o meno nostra coetanea. Ora, le ragazze giapponesi belle non sono rare, le ragazze giapponesi che parlano bene inglese sono già un po' meno frequenti e quelle avventurose sono ancora meno. Questa aveva tutte e tre le caratteristiche: si era fatta una nottata da sola in bus per arrivare ad Uyuni e avrebbe affrontato una seconda traversata la notte stessa. Come primo compagno di viaggio non potevo augurarmi di meglio. E invece no. Quando arrivano gli altri giapponesi, loro vanno tutti insieme. Io e mia moglie veniamo ceduti ad un'altra agenzia col suo gruppo.

Uyuni: Cimitero dei Treni
Uyuni: Cimitero dei Treni #2

Sono anche loro tutti asiatici. E io qui commetto un errore gravissimo: li scambio per giapponesi, mentre sono sudcoreani. Non so, sarà stato Montezuma, sarà stato il sonno: di solito non li confondo. Per uno che frequenta molto l'Asia Orientale, non è difficile distinguerli: oltre che dalla lingua, si può intuire anche dallo stile di abbigliamento e dalle fattezze del viso, quando sono in gruppo. Ma io sbaglio e loro non la prendono affatto bene, nonostante abbiano per cultura una certa forma di rispetto verso chi è più grande di loro. Sì, i vecchietti eravamo io e mia moglie, quasi una decina di anni in più, per quanto di aspetto giovanile. Spero.

Però un po' mi rifaccio subito: il nostro autista/guida/fotografo/cuoco (faceva un po' tutto) è bravissimo nel suo lavoro, ma non parla mezza parola d'inglese. E questi si lamentano, perché loro non ne parlano mezza di spagnolo. Lui prova a spiegare che era scritto chiaro che il tour sarebbe stato in lingua spagnola, solo che ovviamente non lo capiscono. Siccome quel giorno mi sentivo in vena di buone azioni, mi offro di fare da traduttore dallo spagnolo all'inglese. Questi si accontentano e finiscono di protestare. Solo che non parlavano nemmeno inglese, va be'...

Uyuni: Cimitero dei Treni
Uyuni: Cimitero dei Treni #3

Me ne accorgo dopo la prima fermata, l'immancabile “Cimitero dei Treni”, di solito messo come prima tappa del giro del Salar. Qui incontriamo di nuovo la nostra amica giapponese, dieci secondi di chiacchiere e poi sparisce per sempre. Ma dopo io mi ritrovo con questi cinque sudcoreani caciaroni, che non parlano mezza lingua. Quella più simpatica, una lungagnona, prova a farmi una domanda. Ovviamente non ci riesce, ma capisco che voleva prendere o mettere una cosa in macchina, ma la macchina non c'era perché il nostro autista era andato a mettere benzina, mentre noi eravamo al mercatino con i souvenir.

E io ci provo in tutti i modi a spiegarglielo, visto che questi stavano già dando di matto, temendo di essere stati lasciati in mezzo al nulla. Alla fine me la cavo all'italiana: mimo uno che gira il volante come i bambini e chiedo “Where?” La lungagnona mi fa l'inconfondibile “hmm, hmm hmm” coreano. Che ovviamente così scritto non rende, ma fidati che significava “sì”. E adesso come glielo spiego che è andato a mettere benzina? Questi non capiscono “driver”, figuriamoci se capiscono “gas”, “petrol” o “fuel”. Vado sempre di gestualità, mi avvicino ad un'altra macchina (controllando che non ci fosse il proprietario) e mimo l'atto di inserire la pompa di benzina, facendo pure un po' di rumore con la bocca, ad imitare quello del fluido che scorre. E la ragazza mi risponde con l'altro inconfondibile “oooooooooooh”. Fidati sempre, lettore, significa “ho capito”.

Salar de Uyuni

Ma pure io ho capito: ho capito che non serve tradurre nulla con questi, perché tanto vogliono solo fare le foto. E non solo loro. Ma cos'è 'sto Salar de Uyuni di cui parlo tanto? È un deserto di sale di circa 10.000 km². È una distesa piatta, in cui in alcuni periodi dell'anno permane un sottile strato d'acqua che permette di camminarci e di creare un vero proprio effetto specchio. Ma anche dove è secco, è uno spettacolo per gli occhi.

Insomma cominciamo ad entrare nel Salar, io mi siedo davanti pure per tenere compagnia all'autista, perché sono l'unico con cui può conversare. La mia pancia, intanto, mi rammenta che per otto ore, sommate alle precedenti del volo, non avrò a disposizione un bagno. Ma so di potercela fare.

Salar de Uyuni

Ecco, allora io avendo sentito che la distesa è molto vasta, che con meteo avverso è difficile orientarsi, mi immagino che la tecnologia venga in aiuto ai Tour Operator. E allora vado tutto tranquillo, pensando che l'autista avrà con sé un telefono satellitare. Chiedo troppo? Avrà almeno un GPS per sapere a che punto del deserto ci troviamo in ogni momento. E invece no. Niente di niente: noi, il fuoristrada e il deserto. Ma ad un certo punto, mi incuriosisco e chiedo: “come fai ad orientarti?” “Be', vedi quella montagna sullo sfondo? Vedi quella roccia? Vedi quel cactus?” Andiamo bene... La mia pancia brontola di nuovo, ma stavolta è la fifa a parlare. Dopo dieci minuti, però, mi calmo, anche perché la giornata è fantastica, non c'è mezza nuvola in cielo e non mi pare proprio che il mio amico boliviano si perderà proprio oggi.

Salar de Uyuni

A proposito, il nostro tuttofare ci prova a dare un po' di spiegazioni e io mi prodigo a tradurle, ma alla fine mi accorgo che la traduzione è solo per mia moglie, che bene o male un minimo di spagnolo lo capisce. Così, le mie traduzioni finiscono per diventare riassunti. Ma ai nostri amici non sembra importare: quando la guida ci dice che due di noi possono effettivamente sedere sul tetto del fuoristrada, non se lo fanno ripetere due volte e si scambiano il posto a turno. Io evito bravate o sobbalzi: è la mia pancia a suggerirmelo.

Tra una cosa e l'altra e anche qualche fermata, cominciamo a fare le foto. La cosa forse più divertente del Salar de Uyuni sta nel fatto che, essendo totalmente piatto, puoi fare delle foto carine con bei giochi prospettici. Gli autisti sanno bene cosa piace e preparano tutta l'attrezzatura per farlo. Solo che la macchina fotografica devi fornirla tu e l'autista è un essere umano solo, non può fare foto con quelle di ogni partecipante del gruppo. Insomma mi dice: “Io ve le faccio con questa, poi ve le passate tra di voi.” Che è una cosa sensata, se non hai a che fare con cinque ragazzetti di Busan (adoro Busan, per inciso) che non parlano inglese. Tanto che mia moglie capisce al volo e prega il nostro gentile accompagnatore di farci qualche foto anche con la nostra. Almeno quelle in cui siamo solo io e lei.

Salar de Uyuni

Poi ne fa tutta una serie di gruppo, ci fa realizzare pure dei video divertenti in cui dobbiamo ad un certo punto metterci a correre quando arriva il dinosauro (giocattolo). La mia pancia non sarà contenta di ciò. E dopo di questo, apparecchia per il pranzo. Ecco, questo è il nostro momento. Dobbiamo spiegare ai nostri amici sudcoreani che i due “ajusshi e ajumma” (appellativo coreano per due vecchietti come noi) hanno bisogno delle foto e dei video. E quindi lì a provare a dare indirizzi email e modi di comunicazione.

Salar de Uyuni

Un tizio che parlava un minimo di più inglese c'era e sembrava pure sufficientemente amichevole. Ma non era il proprietario del telefono con le foto, che purtroppo apparteneva ad una che si sentiva la più bella strafica di entrambe le Coree e che spesso tornava in macchina a truccarsi e a sbiancarsi il volto. “Ahia, la vedo male.” Allora mia moglie punta la lungagnona simpatica, facendo leva sul fatto che nel loro viaggio una delle tappe successive sarebbe stata Roma. Così: Busan – Perù – Bolivia – non ricordo dove – Roma. Vacanze “Gangnam style”, pure se loro non vengono da Seoul. Mia moglie si mette di impegno e prepara un foglietto su alcuni posti dove andare a mangiare a Roma, sapendo che avrebbero apprezzato. E infatti sembrano felici. Ma forse la nostra candida e splendente amica era andata a truccarsi di nuovo, perché non ricordo un grazie da parte da sua.

Rientriamo in macchina e continuiamo con il nostro giro: la mia pancia regge ed è già un grande risultato.

Salar de Uyuni

La candida e splendente allora prova a passarci subito questi video e foto con i vari mezzi tecnologici, ma i nostri smartphone non si parlano: dovrà farlo successivamente, perché ovviamente i telefoni nel deserto non hanno campo. “Ahia!” Continuo a raccomandarmi con quello che parlava più inglese, ma mi pento di averlo fatto dopo che lo vedo correre sul sale ridendo come se fosse ubriaco, mentre si fa un video selfie.

Ma in tutto questo, io ero partito per fare una foto a specchio sull'acqua e, essendo ormai maggio, avevo ben poca speranza di riuscirci. “Non è il periodo adatto, a metà aprile comincia ad asciugarsi tutto.” mi ripeto

Salar de Uyuni

Mi sbagliavo: il nostro ragazzo alla guida è veramente un esperto e conosce il posto giusto. In una zona l'acqua è rimasta e ci ha riservato la sorpresa alla fine. Anche qui foto e video coi ragazzi a volontà, ma avrai ormai capito che tutto ciò non è oggi nella mia disponibilità. A Busan ci sono passato un paio d'anni dopo: la città ha riscattato la scarsa cortesia di una delle sue abitanti. Ma mia moglie ancora cerca le sue foto...

Salar de Uyuni

Ecco, le guardo ora, qualcosa mi è rimasto, posso proporlo. Ma la memoria migliore della giornata la porto dentro di me. Lo ha capito perfino la mia pancia ed è è stata buona buona di fronte a tanto splendore.

Salar de Uyuni

Alcune informazioni aggiuntive:
Come già citato, a Uyuni è presente un piccolo aeroporto che ad oggi (maggio 2020) effettua solo voli nazionali.

La piccola città di Uyuni si trova ad una quota di oltre 3600 m s.l.m., pertanto l'altitudine potrebbe farsi sentire.

Per visitare il Salar de Uyuni, oltre ai tour di una giornata, ci sono tour di più giorni che prevedono anche la visita di altre attrazioni nella zona, con la possibilità di arrivare fino in Cile a San Pedro de Atacama.



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